La gelsicoltura
La coltivazione del baco da seta (cavalèr nella forma dialettale) è strettamente collegata alla presenza del gelso (Morus alba), pianta originaria della Cina. Si ipotizza che il suo arrivo in Trentino risalga al secolo XVI, trovando condizioni molto favorevoli in Vallagarina. Successivamente si diffonde anche in altri territori come la Valle di Non e la parte bassa della Valle del Sarca. La massima espansione colturale corrisponde ai secoli XVIII e XIX, durante i quali la coltivazione raggiunge i maggiori livelli produttivi. Tale circostanza favorisce il formarsi di un paesaggio agrario fortemente connotato nella morfologia. Piante di gelso, la cui altezza raggiunge i quindici metri, vengono poste a dimora nei campi e nei prati. Lungo i fossati e i corsi d’acqua si creano filari che contribuiscono a disegnare linee continue di grande suggestione. L’abbondante consumo di foglie di gelso da parte dei bachi richiede la disponibilità di ampie superfici coltivate. La campagna dei grandi fondovalle (Adige e Sarca) assume i tratti caratteristici di un paesaggio inconfondibile, sia nella stagione estiva che in quella invernale. La crisi di questo sistema colturale inizia verso la metà dell’800 con il diffondersi di patologie nei bachi (pebrina) causata dall’ingerimento di spore presenti sulle foglie dei gelsi. Alla realtà paesaggistica agraria si deve collegare anche la presenza di opifici come le filande, molto diffusi in quest’area fra Rovereto e Ala. Dopo la Seconda guerra mondiale inizia un rapido declino dovuto alla produzione industriale sintetica della seta.
Il gelso in Trentino
La diffusione del gelso in Trentino su vaste porzioni di territorio avviene nel corso del 1700. Sul finire del secolo e poi durante tutto l’800 la gelsicoltura è presente soprattutto in Vallagarina e in Valle di Non ma gli alberi di gelso si ritrovano in molte altre zone del Trentino: a Javrè nei pressi di Tione, a San Lorenzo in Banale, nelle vicinanze di Ponte Arche, a ridosso dell’abitato di Ceola in Val di Cembra, in Val di Sole, sulle rive del fiume Adige e in altri luoghi.
L’albero del gelso e il baco da seta
La bachicoltura consiste nell’allevamento del baco da seta, un insetto dal cui bozzolo si ricava il filamento della seta. La gelsicoltura riguarda invece la coltivazione degli alberi di gelso, le cui foglie sono indispensabili per nutrire la larva del baco. La peculiarità del baco è costituita dalle ghiandole sericicole, che elaborano il filamento che costituisce il bozzolo.
L’allevamento del baco da seta
L’ambiente in cui venivano allevati i bachi da seta era perlopiù domestico. Erano indispensabili un locale areato, asciutto e pulito (in genere si utilizzavano la camera da letto o la cucina), una quantità di legna sufficiente a riscaldare l’ambiente (la temperatura non doveva scendere sotto i 10 gradi), e foglie di gelso in abbondanza per l’alimentazione del baco. L’allevamento iniziava in primavera. Si rendeva necessaria una pulizia profonda dei locali, l’imbiancatura delle pareti, la disinfezione degli attrezzi da lavoro e del pavimento. Nelle stanze dove si allevava il baco venivano posti dei telai di legno costruiti artigianalmente, detti graticci o arele, disposti in più piani orizzontali. Sui piani erano posti i bachi, che venivano nutriti con foglie di gelso tagliuzzate in pezzi via via più grandi a seconda dello sviluppo del bruco.
La trattura della seta
Dal bozzolo del baco si ricavava la seta tramite la trattura: insieme dei procedimenti che consentono di ottenere un filo continuo e omogeneo per le matasse di seta. Come per l’allevamento del baco, che poteva avvenire in casa o su più ampia scala, anche la trattura poteva avvenire in ambiente domestico oppure nelle filande, con processi di tipo industriale.
La crisi e la scomparsa dell’industria serica in Trentino
Nel corso della seconda metà dell’800, la produzione di seta in Trentino entra in crisi a causa di vari fattori: la modificazione dei rapporti commerciali con i paesi limitrofi in seguito agli spostamenti di confine dovuti alle guerre di indipendenza; la concorrenza delle sete provenienti dall’Asia specialmente dopo l’apertura del Canale di Suez (1869); la diffusione delle malattie del baco. Tra queste la pebrina, la flacidezza, la macilenza, il calcino o il giallume. Nel 1847 si producono 3.713.930 libbre viennesi di bozzoli per una quantità di seta di 497.100 libbre. Nel 1875 la quantità di bozzoli diminuisce a 1.347.000 libbre per una quantità di 90.700 libbre di seta. Una libbra viennese equivaleva circa a 0,56 chilogrammi. Dopo un periodo di ripresa, la crisi diverrà inarrestabile nel corso della prima metà del ’900. Negli anni ’40 la produzione di bozzoli in Trentino si aggira ancora sui 300.000 chilogrammi, sono presenti sul territorio circa 10.000 famiglie di bachicoltori, 12 forni e 5 filande. Dopo una ulteriore battuta d’arresto, nella seconda metà del secolo scorso l’industria serica in Trentino scompare definitivamente.
L’Istituto bacologico di Trento
Alla fine dell’800, in difesa e per il rilancio della bachicoltura trentina, viene fondato l’Istituto bacologico di Trento. L’edificio dell’Istituto, che precedentemente era ospitato all’interno del Convento delle Laste, è costruito all’angolo tra via Rosmini e via Verdi. I lavori terminano nel 1892 e l’Istituto viene ufficialmente inaugurato due anni dopo, nel 1894, alla presenza dell’imperatore Francesco Giuseppe. L’Istituto diviene presto uno dei centri più avanzati d’Europa. La sua attività riguarda soprattutto la selezione delle uova (semen bachi), l’istituzione di cattedre ambulanti, la formazione dei contadini e degli operai, il sostegno nelle campagne e alle famiglie per la gelsicoltura e per l’allevamento del baco.