Lavarone tra le due guerre
A Lavarone, il ritorno alla normalità dopo il terribile periodo bellico fu lungo e faticoso. Le cicatrici del conflitto lasciarono il segno ancora per molto tempo e, nonostante gli aiuti, tornare alla vita di un tempo non fu cosa facile. Molte vicende erano avvenute nel frattempo: il Trentino era diventato italiano, il che comportava un nuovo assetto politico e sociale, i secolari rapporti con il mondo austriaco si erano modificati e gli Altipiani non erano più territorio di confine. Rimaneva, tuttavia, invariata la vocazione turistica nel luogo e nel giro di un decennio le precedenti strutture alberghiere ed il lago di Chiesa riaprirono i battenti, come ci dimostra la moltiplicazione di cartoline nel periodo fra le due guerre. Le precedenti infrastrutture create dagli austriaci per la costruzione dei forti ed il seguente uso bellico, furono di nuovo sfruttate e, dove possibile, implementate, come nel caso della rete stradale e della rete idrica. Se i campi trincerati scomparvero per lasciare spazio al ritorno delle attività agricole e pastorali, rimase invece inalterato Forte Belvedere, il quale, dopo essere stato presidiato per qualche mese dall’esercito italiano, divenne già negli anni Trenta un’attrattiva turistica.
Il ritorno all’attività turistica
Il ritorno della popolazione civile dopo il periodo bellico comportò un lento riappropriarsi dei terreni e delle aree che erano state sconvolte dalla guerra. Vennero pianti nuovi boschi laddove erano stati incendiati, il bestiame tornò nelle stalle e nei pascoli, ma soprattutto ritornò quello che era stato il punto di riferimento centrale per l’economia del paese nel periodo prebellico, ovvero la coltivazione dei campi. La fama turistica, tuttavia, che aveva reso noto il nome di Lavarone nella belle epoque, non era svanita del tutto e di conseguenza le stagioni estive tornarono a popolarsi di ospiti e turisti. La differenza fra le cartoline del periodo prebellico e quello fra le due guerre è veramente minimo. A testimonianza di un conflitto che si stava gradualmente superando a livello interiore rimanevano le tracce costituite dal cimitero di Slaghenaufi e Forte Belvedere.
Il recupero del ferro a Forte Belvedere
Il periodo tra le due guerre, in Italia, coincise con il periodo fascista. In occasione della guerra in Etiopia, nel 1935, l’Italia si trovò a fronteggiare una crisi in seguito alla decisione, da parte delle potenze occidentali, di introdurre una serie di sanzioni che limitassero l’esportazione di materie prime e armamenti. Per ovviare a tale carenza, il governo di Mussolini varò una serie di campagne tese a recuperare materiali ferrosi utili alla produzione bellica nei paesi e nelle città italiane. Questa iniziativa colpì duramente le fortezze austroungariche della zona degli Altipiani che, ormai abbandonate da tempo, divennero vere e proprie miniere da cui estrare ferro, acciaio, rame, zinco di cui erano ancora ricchi. Tali operazioni richiedevano l’uso di esplosivi che danneggiarono irrimediabilmente le strutture, tuttavia Forte Belvedere scampò a questo destino grazie all’intervento del podestà dell’epoca, Quarto Stenghele.
Approfittando della visita di Re Vittorio Emanuele III, nello stesso anno, insistette al fine di preservare una struttura unica nel suo genere. Le sue richieste furono accolte e, mentre le altre sei fortezze venivano progressivamente smantellate, Forte Belvedere si salvò dalla distruzione, con la tutela di un apposito Decreto Regio. Tuttavia, ricordando che in precedenza la fortezza era già stata privata dei suoi corredi interni da parte dell’esercito italiano e dalla popolazione locale nel tentativo di reperire oggetti e materiali da utilizzare nella ricostruzione delle abitazioni in paese, questa sorte fu solo rimandata. Infatti, quando l’Italia nel 1940 entrò nel Secondo conflitto mondiale, si ripresentò la stessa esigenza di qualche anno prima; questa volta fu Forte Belvedere a essere preso di mira e, nell’inverno del 1940, furono asportate cupole corazzate, travi interne, scudi blindati e la copertura sulla sommità. Fortunatamente i muri portanti furono risparmiati e questo consentì, a partire dagli anni Sessanta, un graduale recupero della struttura. Ancora oggi Forte Belvedere, che è completamente visitabile al suo interno, rappresenta una traccia imprescindibile del conflitto nella storia di Lavarone.