L’olivicoltura
La coltivazione dell’olivo assume un valore di grandissimo rilievo per il Trentino in quanto rappresenta la penetrazione più settentrionale di tale pianta in ambito europeo (oltre 46° di latitudine Nord). Essa costituisce quasi un unicum nei paesaggi agrari dell’arco alpino. Tutta la fascia insubrica delle Prealpi, soprattutto la zona dei grandi laghi (Lario, Sebino, Bénaco), è particolarmente vocata a questo tipo di coltivazione. Ma, nel territorio trentino, essa si spinge ben oltre la riviera gardesana risalendo la Valle del Sarca (Arco e Dro) e la Valle dei Laghi fino a Toblino, Santa Massenza, Vezzano.
Un tempo era più diffusa che non adesso e si spingeva nella Valle dell’Adige fino a Trento e a Mezzolombardo. L’eliminazione degli oliveti a nord di Trento è stata voluta per favorire la viticoltura (Cesare Battisti, 1900). Le varietà dominanti, su di un’estensione di circa 400 ettari, sono la “casaliva” e “frantoio”, oltre ad altre piccole varietà secondarie. A monte di Riva, gli oliveti sono disposti lungo i terrazzamenti che risalgono, con i loro muretti a secco, lungo erti pendii in direzione di Tenno avvolgendo i paesi di Cologna, Gavazzo, Càlvola, Pranzo e dando origine a paesaggi con impronta rivierasca di tipo ligure.
I primi passi
L’olivo nell’area gardesana non è pianta originaria, ma di presenza molto antica. I recenti dati di scavo archeologico attesterebbero che essa comparve solo nell’età romana. Assente nel paesaggio neolitico, il ritrovamento di grandi quantità di noccioli di olivo all’interno della necropoli di viale Dante, a Riva del Garda (primo secolo d.C.), conferma invece che la coltivazione di questa pianta proveniente dalle aree meridionali d’Italia aveva trovato qui un clima particolarmente adatto (anche se in areali molto settentrionali) e una sua diffusione considerevole rispetto ad altri siti dell’arco alpino. Essa così si insediò soprattutto sul versante occidentale del Monte Brione, andando a sostituire il bosco naturale di lecci e formando l’inconfondibile paesaggio attuale.
I furti di olive
I dati d’archivio dei Comuni trentini dal XII secolo descrivono l’importanza economica dell’olio per le comunità altogardesane. Sono infatti numerose negli statuti di Riva e di Arco le disposizioni contro i furti di olive o i danni ai rami e alle piante. Di particolare interesse economico, l’olio era prodotto a uso alimentare per le classi più abbienti, ma era anche molto ricercato come medicamento e soprattutto per uso liturgico.
Il commercio
Di facile conservazione e trasporto, nell’alto Medioevo l’olio del Garda è oggetto di attenzione diretta da parte dei grandi proprietari dei fondi, i monasteri della pianura padana, che ne curano la coltivazione, la raccolta, il trasporto fino all’estrazione dell’olio. Successivamente, l’imporsi di un’economia di mercato e la crescente importanza rivendicata dalle città della pianura padana modificano le regole del commercio e gli itinerari delle vie commerciali: sia facendo affluire direttamente a Verona o a Brescia il prodotto, evitando così che l’olio gardesano venisse confuso con altre qualità, sia modificando le destinazioni finali. Numerosi, inoltre, erano i torchi presenti nelle città. A Riva, per esempio, erano censiti negli estimi del 1448 nove torchi ed otto nell’estimo del 1482, collocati soprattutto nella ricca Quadra Lacus.
L’olio come merce di scambio
L’olio compare spesso nella documentazione basso-medievale trentina come mezzo di pagamento per l’affitto di appezzamenti terrieri.
Muretti
Caratteristica del paesaggio dell’olivicoltura è anche un’estesa rete di muretti a secco, che attraverso un ampio sistema di terrazzamenti, permette la riduzione del declivio, il drenaggio delle acque in eccesso e l’aumento della superficie di coltura. I muretti, realizzati dagli agricoltori senza malte ma con perizia nella disposizione e nella stratificazione in orizzontale e in verticale del pietrame, si presentano con una doppia caratteristica: a sviluppo orizzontale (ospitano diverse piante), o a forma circolare (dove la pendenza è maggiore, costruiti intorno alle singole piante di olivo).
La raccolta delle olive
Durante il mese di ottobre gli olivicoltori avvolgono il piede delle piante con ampi teli di garza bianca o colorata e procedono alla raccolta a mano delle drupe, i frutti, raggiungendo i rami più alti con i caratteristici scalini, lunghe pertiche. Questi semplici attrezzi, oggi in acciaio, erano frutto di una ricerca scrupolosa per la loro preparazione: fino agli anni ’50 erano realizzati in legno di abete, provvisti di un piede in olivo o rovere che veniva confitto nel terreno e pioli in corniolo o bagolaro. Il sistema della raccolta è descritto efficacemente ance da Agostino Gallo nel 1589; a lui pareva bello vedere quegli uomini, come “tanti scoiattoli (schiratti) che continuamente ruotano, con i grembiuli in pelle, che di ramo in ramo raccoglievano le olive”. Era in uso anche la battitura con le pertiche, ma era evidente il danno ai rami e alle olive.
Alcuni numeri
Nel distretto gardensano trentino sono attualmente in produzione circa 100.000 piante di olivo. La superficie coltivata è di circa 420 ettari (380 nel 2000) e la produzione media si è stabilizzata intorno ai 15.000 quintali annui (8.500 nel 2000). La resa media in olio extravergine ricavato dalla spremitura delle olive è pari al 18-20% con 2.500 quintali annui di olio (poco più di 1.400 nel 2000).