Lavarone e l’attività turistica nel primo Novecento
Come il vicino Altipiano di Folgaria, anche Lavarone, fra fine Ottocento e inizio Novecento, conosce un importante cambiamento con l’avvento di un turismo per il momento ancora riservato ai benestanti. Tale fenomeno va’ a sovrapporsi e a svilupparsi parallelamente con una realtà rurale che da decenni basa ancora la propria economia sull’agricoltura, sull’artigianato e sull’emigrazione. Sebbene non riesca ancora ad imporsi come l’attività preponderante, tuttavia, il settore turistico riesce ad attirare famiglie dal Trentino, dall’Austria e dal vicino Regno d’Italia, come ci illustrano alcune immagini spensierate di un momento – siamo in piena belle epoque – non ancora turbato da quelle oscure nubi che iniziano ad addensarsi in Europa e che precedono la guerra. A favorire ed incentivare tale attività, accanto al progresso fornito dalla fotografia, si sviluppa in modo considerevole l’arte della cartolina quale mezzo di comunicazione e promozione e, grazie a questo, oggi possediamo una serie di inestimabili testimonianze. Solo quando gli Altipiani verranno inquadrati in un contesto di forzata militarizzazione, in previsione di una probabile guerra contro il Regno d’Italia, la sorveglianza, le restrizioni e le limitazioni che ne seguiranno incrineranno sempre più pesantemente tale rapporto. Il 1914 si stava velocemente avvicinando.
Lavarone del padre Maurizio Morizzo (Borgo, Giovanni Marchetto Editore 1889)
ASCOLTA: Un cenno suLe attività di paese: Lavarone prima della guerra
Anche se alcuni ritrovamenti suggeriscono una presenza umana già in epoche antiche, fu con il Medioevo ed una serie di ondate migratorie provenienti dall’area germanica che Lavarone si formò e acquisì alcuni dei tratti che la contraddistinguono tuttora, come ad esempio la sua marcata suddivisione in frazioni e la mancanza di un centro vero e proprio, peculiarità che si può ravvisare anche nelle prima fotografie scattate sugli Altipiani a cavallo fra Ottocento e Novecento. Tale caratterizzazione nacque dall’esigenza, da parte delle amministrazioni vescovili di Trento, di stabilire progressivamente sugli Altipiani diversi nuclei abitativi nel tentativo di bonificare aree altrimenti selvagge ed improduttive, nuclei abitativi che, nel corso degli anni e grazie ad una costante crescita demografica, divennero insediamenti più corposi. Per molti secoli Lavarone basò la propria economia sullo sfruttamento del territorio (agricoltura, selvicoltura, allevamento) e, al pari di molte realtà trentine, fu ciclicamente funestato da carestie, epidemie e il passaggio di eserciti stranieri. Solo con l’Ottocento, periodo in cui tra l’altro Lavarone si trovò ad essere zona di confine fra Austria-Ungheria e Regno d’Italia, si verificarono alcuni cambiamenti che ne modificarono lentamente l’impronta comunitaria, eventi come l’emigrazione, il turismo, le contese nazionalistiche (dare più spazio? Purtroppo non ci sono foto di scuole filoitaliane o filotedesche) e, più tardi, le grandi opere di militarizzazione e la radicale modificazione delle infrastrutture in previsione della guerra.
Lavarone di Cesare Battisti, 1° ed. Trento Società Tipografica Editrice trentina 1909, rist. anastatica Trento, Alcione 2000
ASCOLTA: Guida dell’Altopiano di Folgaria eGli alberghi
“L’industria del forestiere”, così veniva chiamata l’attività e la promozione turistica sugli Altipiani, nacque nella seconda metà dell’Ottocento e assunse, a Lavarone, fama crescente negli ultimi due decenni prima della Grande Guerra. Favorito dal clima e dalla sua posizione facilmente raggiungibile, il paese vide il moltiplicarsi di strutture alberghiere di lusso che, con il progredire di strade carrozzabili, linee telefoniche e servizi postali, attirarono nei periodi estivi famiglie provenienti anche dalla lontana Austria. Sebbene fossero già poste le basi per lo sviluppo turistico che denota oggi Lavarone come meta di vacanze, le decisione da parte dell’esercito asburgico a inizio Novecento di fare degli Altipiani una frontiera fortificata, incise negativamente su tale fiorente attività. La presenza sempre più massiccia di militari e gendarmi crearono malcontento e provocarono lamentele da parte della popolazione locale e degli ospiti, finendo addirittura argomento di dibattito nelle aule politiche. Restrizioni di transito, aree interdette ai civili, divieti di costruzione, controlli pressanti e accuse di spionaggio accompagnarono gli avvenimenti che precedettero la Prima guerra mondiale. Se da un lato, quindi, i cantieri militari favorirono temporaneamente l’occupazione ed il benessere, il clima teso e le vicende politiche internazionali rallentarono lo sviluppo turistico fino ad arrestarlo totalmente nel 1915, quando gli alberghi, ormai retrovia del fronte, divennero presidi e depositi. Bisognerà aspettare gli anni Trenta per una timida ricrescita.
Il lago di Lavarone
Fra le diverse strutture alberghiere che sorsero a Lavarone con il fiorire delle attività turistiche, alcune nacquero nelle vicinanze del lago di Chiesa che, tuttavia, all’epoca era territorio comunale di Folgaria. La sua posizione e la balneabilità nel periodo estivo ne fecero un’attrattiva ricercata, capace di suscitare l’interesse di personaggi illustri provenienti dall’Austria, uno su tutti Sigmund Freud, il quale soggiornò nell’albergo Du Lac per alcune stagioni. Tuttavia i tempi stavano mutando pericolosamente e l’Austria stava fortemente militarizzando i proprio confini; negli stessi anni, uno dei caseggiati adiacenti al lago, ad esempio, venne adibito a caserma ospitavando reparti di soldati austriaci. Se molte immagini promozionali e cartoline dell’epoca mostrano la bellezza del lago, appare emblematica la fotografia di alcuni soldati in barca a remi sullo stesso specchio d’acqua: con l’andare dei mesi i soldati e le loro divise avrebbero soppiantato definitivamente i turisti estivi. Stava per concludersi la belle epoque.
ASCOLTA: Il nostro cuore volge al sud. Lettere di viaggio. Soprattutto dall’Italia (1895-1923) di Sigmund Freud (con introduzione di Antonio Gnoli e Franco Volpi, Bompiani 2003)
ASCOLTA: Mio padre Sigmund Freud di Martin Freud, a cura di Francesco Marchioro (Arco, Il Sommolago 2001)