Le conseguenze della guerra
Circondato da fortezze ed esposto agli attacchi italiani, come molti territori del Trentino anche il paese di Lavarone si ritrovò, a partire dal maggio 1915, a essere zona di fronte. Se Forte Belvedere e le postazioni campali a ridosso della Val d’Astico costituivano la punta di una linea che aveva il compito di bloccare le iniziative avversarie, fin dai primi giorni il paese invece si trasformò in una retrovia. In pochi giorni, gli abitanti degli Altipiani furono costretti a raggiungere le valli trentine dove treni speciali li avrebbero smistati verso il cuore dell’Austria-Ungheria, mentre nel frattempo edifici ed abitazioni venivano progressivamente occupate e presidiate da militari. La guerra fra fortezze italiane e austriache si configurò paradossalmente come una “battaglia navale” che si basava sullo scambio di granate di grosso calibro al fine di demolire le rispettive posizioni. L’offensiva austriaca del maggio 1916 allontanò la linea del fronte di diversi chilometri e questo significò la definitiva fine delle ostilità da parte delle fortezze austriache le quali, pur subendo ingenti danni e registrando vittime fra le guarnigioni, erano state in grado di assolvere pienamente i propri compiti difensivi durante tutto l’anno precedente. Nei mesi seguenti i contingenti furono spostati in altre zone “calde” del conflitto ed i forti furono rimessi a nuovo grazie all’ausilio di prigionieri di guerra. Solo nell’ultimo periodo di guerra, con il ripiegamento e la seguente rotta austriaca dopo Vittorio Veneto, i militari tornarono brevemente ad occupare le vecchie posizioni di confine. La sconfitta austriaca, però, era inevitabile e l’Armistizio che ne seguì segnò una nuova epoca per il Trentino che da allora avrebbe fatto parte del Regno d’Italia. A testimonianza dei tragici anni precedenti, la guerra, con i suoi cimiteri militari e le sue devastazioni, lasciava cicatrici profonde anche a Lavarone.
L’esodo dei lavaronesi a Braunau durante la guerra
Per il Trentino e la sua popolazione, appartenente all’Impero austroungarico, la Prima guerra mondiale iniziò nell’estate del 1914, quando tutti gli uomini abili dai 18 ai 42 anni furono richiamati alle armi e mandati sul fronte orientale. Furono mesi di grande tensione costellate da drammi individuali, ma la situazione si aggravò ulteriormente con l’entrata in guerra del Regno d’Italia, nel maggio 1915, quando le zone di confine si tramutarono improvvisamente in fronti asprissimi dove eserciti opposti si contendevano i rispettivi territori. Gli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna non fecero eccezione e le autorità militari, per la sicurezza dei sui abitanti, presero la decisione di allontanare i civili rimasti, per lo più donne, bambini e anziani. Fu l’inizio di un tragico esodo che avrebbe coinvolto decine di famiglie e sarebbe culminato con l’arrivo al campo profughi di Braunau am Inn, in Austria, una delle tante “città di legno” dove gli sfollati sarebbero rimasti fino alla conclusione della guerra in condizioni di povertà ed indigenza. Nonostante il fatto che tali campi fossero provvisti di ospedali, scuole, botteghe e attività ricreative, nel vano tentativo di conferire ad essi un aspetto di “normalità”, il sovraffollamento, le restrizioni alimentari, il freddo e le malattie furono costanti e si rivelarono fatali fra le fasce più deboli, bambini e anziani soprattutto. Solo a guerra finita gli abitanti poterono tornare alle proprie case, giusto per scoprire la terribile verità che li attendeva: anni di incuria, saccheggi e devastazioni avevano reso Lavarone un posto inospitale e desolante, tutto il contrario di quanto accadeva qualche anno prima, quando lo stesso luogo era meta turistica e fervevano le attività agricole. Sarebbero stati necessari ancora numerosi sforzi e vari anni per poter rimarginare l’eredità lasciata dalla guerra.
I cimiteri di guerra austriaci
Una volta che gli abitanti degli Altipiani furono costretti a lasciare le proprie case per raggiungere le zone più interne dell’Impero Austroungarico, i territori che si trovavano in prossimità dei vecchi confini di stato divennero a tutti gli effetti zona di fronte. La linea degli Altipiani si reggeva sulle sette fortezze e sulle infrastrutture create precedentemente, a cui si aggiungevano i campi trincerati creati per l’occasione. I paesi più arretrati, invece, dato che erano disabitati, vennero occupati dai militari che utilizzarono gli edifici in varie modi: dormitori, depositi, stalle, centri di comando. Inizialmente, oltre alle guarnigioni dei forti, gli Altipiani disponevano di una debole forza di difesa, composta essenzialmente da volontari e territoriali. Solo nei mesi seguenti, l’esercito austroungarico riuscì a riorganizzarsi e a far affluire contingenti provenienti dai fronti orientali. Anche se questo fronte non conobbe i massacri e gli orrori che hanno contraddistinto la Prima guerra mondiale in altre zone dell’Europa, anche qui tuttavia la guerra di posizione, i bombardamenti e le battaglie, provocarono vittime e feriti da ambo le parti. Nelle aree più decentrate, al sicuro dalle bombe italiane, sorsero baraccamenti ed ospedali, ma il segno più tangibile di questo conflitto, ancora oggi riconoscibili sugli Altipiani, furono i numerosi cimiteri di guerra. A Lavarone vanno menzionati i cimiteri di Cappella e Slaghenaufi, nelle cui vicinanze sorgeva un ospedale in legno poi demolito dopo la guerra.
La ricostruzione
L’arrivo della guerra sugli Altipiani mutò antichi equilibri e stravolse il paesaggio. L’economia rurale che aveva permesso la sopravvivenza degli abitanti di Lavarone scomparve completamente, quando i boschi furono incendiati e i campi ed i pascoli furono tramutati in trincee. L’allontanamento forzato della popolazione civile fece il resto, e anche le abitazioni subirono duramente l’occupazione dei militari austriaci. Le testimonianze degli sfollati, dopo il lungo periodo di esilio a Braunau, è quanto mai emblematico.
Nonostante l’aiuto fornito dal governo italiano, grazie alle sovvenzioni e la manodopera dell’esercito per la ricostruzione delle abitazioni, la fine dell’attività turistica, la mancanza di bestiame e improduttività nei campi rappresentò un duro colpo per gli abitanti di Lavarone che per molti anni vissero un periodo di povertà. Non ci si era ancora ripresi pienamente dai lutti e dalla drammatica esperienza dei campi profughi in Austria che ecco riservare agli abitanti degli Altipiani nuove terribili prove. E’ in questo contesto che si fece strada una nuova figura, quella del recuperante. Al fine di bonificare i campi trincerati e recuperare le salme, le famiglie dell’epoca, per integrare i magri sussidi, furono impegnate in vaste operazioni di risanamento. Le fotografie del periodo post bellico ci illustrano terreni ancora crivellati dalle esplosioni che danno l’immagine di scenari lunari; inevitabilmente il lavoro di rimozione dei materiali rimasti nelle buche e nei campi trincerati esponeva chiunque a gravi pericoli, sia per le bombe inesplose sia per le malattie che si potevano diffondere in seguito alla traslazione dei caduti. E’ in quel periodo che l’ospedale di Slaghenaufi ed il cimitero di Cappella vennero smantellati.
ASCOLTA:
Cronache della guerra 1914 -18. La comunità di Lavarone negli scritti di don Nicolò Nicolao e don Guido Floriani, Cremona, Persico Edizioni 2008 (parte 1)
Cronache della guerra 1914 -18. La comunità di Lavarone negli scritti di don Nicolò Nicolao e don Guido Floriani, Cremona, Persico Edizioni 2008 (parte 2)
Cronache della guerra 1914 -18. La comunità di Lavarone negli scritti di don Nicolò Nicolao e don Guido Floriani, Cremona, Persico Edizioni 2008 (parte 3)