La preparazione alla guerra
Il periodo che precede la Prima guerra mondiale si caratterizza per un incredibile progresso a livello tecnologico ed industriale. Sul piano strettamente militare vengono periodicamente inventati nuovi armamenti, mentre quelli già esistenti saranno aggiornati e resi più devastanti. E’ il caso delle artiglierie che, durante il periodo bellico, diventeranno le vere protagoniste del conflitto, al pari della mitragliatrice. Cambia il modo di intendere la guerra ed i nuovi ritrovati verranno pienamente adottati da tutti gli eserciti. Questa corsa al riarmo coinvolse anche gli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna – su indicazione del Capo di stato maggiore dell’esercito austroungarico Franz Conrad von Hötzendorf – quando le alte sfere politiche si resero conto che una guerra contro il vicino Regno d’Italia appariva inevitabile. Gli Altipiani, grazie alla loro posizione e alla loro morfologia, furono quindi massicciamente militarizzati, a partire dal primo decennio del Novecento. Il piano originario era duplice: da una parte contenere la spinta iniziale delle truppe italiane qualora avessero tentato di spingersi verso Trento, dall’altra garantirsi un trampolino di lancio per un eventuale controffensiva austriaca verso il Veneto. La potenza distruttrice delle moderne artiglierie impose la creazione di sette fortezze e tutta una serie di infrastrutture necessarie alla loro costruzione. A Lavarone l’opera più imponente fu rappresentata da Forte Belvedere (Werk Gschwent) eretta fra 1909 e 1911. Nelle vicinanze del lago di Lavarone furono inoltre costruiti un osservatorio ed un comando di settore e, quasi ovunque, una serie di trinceramenti e postazioni campali.
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Le infrastrutture
Le fortezze che sorsero sugli Altipiani erano strutture possenti che necessitavano di centinaia di lavoratori per la manodopera e richiedevano il trasporto di carichi pesanti. Per questa ragione, prima che sorgessero i cantieri, le strade che conducevano agli Altipiani furono implementate, così come la rete idraulica della zona e le linee di comunicazione. In alcuni punti degli Altipiani, per facilitare il transito di uomini e materiali dalle valli sottostanti, si decise di stabilire teleferiche. Tutte queste operazioni, una volta completate le fortezze, sarebbero poi servite a facilitare i militari che avrebbero stazionato sugli Altipiani. Tale sviluppo indubbiamente creò una fonte di guadagno presso tutte comunità coinvolte che, negli anni che precedettero la guerra, beneficiarono di un occupazione mai conosciuta prima, anche perché, per evitare casi di spionaggio, l’esercito austroungarico preferì impiegare manodopera locale piuttosto che assumere lavoratori provenienti dal Veneto. A latere, usufruirono di queste commesse anche le piccole imprese artigiane, i negozianti e le strutture alberghiere che accoglievano ufficiali e personale tecnico. Questo stravolgimento non avvenne senza malintesi e malumori: non solo, ad esempio, le associazioni nazionalistiche filoaustriache approfittarono della situazione per favorire la propria propaganda, ma non bisogna dimenticare che le aree intorno ai cantieri vennero acquistate dall’esercito che ne proibirono l’accesso ai civili e imposero ai proprietari di terreni circostanti il divieto di fabbricazione.
Ad ogni modo, questo improvviso benessere che migliorò in parte la vita delle comunità fu destinato a durare solo pochi anni, dal momento che gli Altipiani, dal 1915, furono interessati direttamente dal conflitto.
Forte Belvedere (Werk Gschwent)
Forte Belvedere era l’anello centrale di una catena composta da sette fortezze che si snodavano fra Folgaria, Lavarone e Luserna. Ancora oggi, a cent’anni di distanza, dato il suo ottimo stato di conservazione, rappresenta la testimonianza più significativa della Grande guerra a Lavarone. Costruito fra 1909 e 1911, era una struttura articolata in cemento armato e ulteriormente scavata nella roccia, concepita allo scopo di impedire uno sfondamento italiano attraverso la Val d’Astico. Capace di ospitare fino a duecento uomini di guarnigione era progettato per resistere a bombardamenti duraturi e, per questa ragione, era provvisto di depositi, dormitori, cucina, infermeria, un rete idrica e una centrale elettrica che erogava corrente grazie ad un generatore a benzina e diverse linee elettriche. La sua capacità difensiva prevedeva una ventina di postazioni per mitragliatrice, avamposti incassati nella roccia per i combattimenti ravvicinati e una batteria composta da tre obici Skoda da 10 cm in cupola corazzata. Con l’entrata in guerra da parte Regno d’Italia nel maggio del 1915, Forte Belvedere fu sottoposta a pesanti bombardamenti provenienti dalla linea italiana che, per diversi mesi, misero sotto pressione la guarnigione e provocarono danni alle strutture facendo diverse vittime. Pur affrontando momenti critici, la linea fortificata austroungarica riuscì a reggere ai tentativi italiani e, dopo un anno, supportò la fanteria austriaca nell’offensiva meglio conosciuta come Spedizione punitiva o Strafexpedition. Sebbene tale operazione militare fu destinata al fallimento, la linea di fronte si allontanò dagli Altipiani e questo, per i forti, significò l’ideale fine delle ostilità. A partire dalla primavera 1916, addirittura, le fortezze furono restaurate e rimesse a nuovo grazie all’ausilio di prigionieri di guerra. Fu però uno sforzo inutile: nel novembre 1918 l’Austria-Ungheria fu definitivamente sconfitta, sancendo la vittoria italiana. Questo significava lo storico passaggio del Trentino al Regno d’Italia.
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